Plusvalore
Un’economia con priorità al «locale» non aiuterà
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Marco Salvi
Combattere il virus protezionistico
PlusvaloreUn’economia con priorità al «locale» non aiuterà
Con il diffondersi a livello planetario del coronavirus si è rafforzato il protezionismo, quella politica economica volta a proteggere l’economia nazionale dalla concorrenza estera. Questa tendenza si delineava in realtà da tempo. Negli ultimi dieci anni, il numero di nuove misureprotezionistiche è aumentato in tutto il mondo. Il volume del commercio internazionaleè rimastoin crescita, ma con ritmi rallentati.Se prendiamo come misura il rapporto tra flussi commerciali e prodotto interno lordo (PIL), il processo di globalizzazione ha raggiunto il suo apice già nel 2008. Da allora ci troviamo in una nuova era commerciale, talvolta chiamata«slowbalization».
Preoccupazioni riguardanti la sicurezza nazionale e la salute pubblica stanno fornendo nuoviargomenti ai protezionisti, anche se è accertato che il virus non si diffonde tramitelo scambio di merci. Responsabili politici e leader aziendali si stanno ora chiedendo se le «supply chains»–e cioè le catene di fornitura globali– non siano state allungate troppo. In un clima politico in cui la cooperazione internazionale è ridotta al minimo, sono in molti a volerelimitarele interdipendenze economiche.Persino in Svizzera, uno dei paesi più globalizzati al mondo e che più approfitta dalla divisione internazionale del lavoro, vi sono voci prominenti che sognano di un’economia con priorità al «locale».
Bisogna resistere a queste tendenze in modo fermo e deciso.Rincorrere il sogno autarchicoporterà a notevoli perdite di reddito, non solo per le aziende, ma anche per noi consumatori, con pochi benefici in termini di sicurezza. Anzi, i recenti divieti di esportazione di materiale medico di protezionehanno contribuito a fare aumentare prezzi a livello mondiale, accentuando cosìcarenze e scarsità. A livello agricolo, l‘accento politico portato in Svizzera sul grado di autosufficienza non contribuisce ad aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento del paese.Intensificare la produzione di derrate alimentari in Svizzera non sarebbe possibile senza un aumento delle importazioni di concimi, mangimi concentrati, prodotti fitosanitario trattori– tutti beni che la Svizzera non produce.
Meglio diversificare e moltiplicare l’accesso alle fonti di approvvigionamento e concludere nuovi accordi di libero scambio, ad esempio con il Mercosur, il mercato comune dell’America Latina.Avere più fonti d’approvvigionamento e di diffusione rimane la migliore strategia per aumentare la resilienza della nostra economia. Le catene di approvvigionamento globalisono in realtà più robuste diquelle nazionaliperché possono riparare gli anelli rotti, sostituendo una fonte in un paese colpito con una fonte alternativa in un altro paese.È proprio perché le pandemie sono fenomeni globaliche la collaborazione spontanea tra aziende e consumatori in tutti i paesi èoggi più preziosa che mai.
Questo podcast è stato pubblicato il 18.05.2020 nel programma Plusvalore su RSI Rete Due.
Plusvalore
La settimana scorsa è stata pubblicata la tradizionale analisi Vox dell’istituto di ricerca bernese GfS riguardante le votazioni popolari del 29 novembre 2020. Condotta su un campione di tremila persone, l’analisi cerca di approfondire le motivazioni dei votanti. Secondo lo…
La settimana scorsa è stata pubblicata la tradizionale analisi Vox dell’istituto di ricerca bernese GfSriguardante le votazioni popolari del 29 novembre 2020. Condottasu un campione di tremila persone,l’analisicerca di approfondire le motivazioni dei votanti. Secondo lo studio,l‘iniziativa popolare “Per imprese responsabili”, fallita per la mancata maggioranza dei cantoni, ha ottenuto quella dei voti grazie al forte sostegno della sinistra, dei giovani, delle zone urbane e delle persone con formazione superiore impiegate a tempo parziale.Il divario di genere è statomolto più marcato del solito: se avessero votato soltanto le donne, l’iniziativa sarebbe stata approvata al 57%.
Ma il risultato più interessante dello studio èsecondo me un altro. Mentre il sondaggio attesta un altissimo livello di fiducia nelle organizzazioni di aiuto allo sviluppo e di difesa dei diritti umani, la percezione dell’agire delle imprese multinazionali è tutt’altro che positiva. Quasi la metà degli elettori e delle elettrici esprime livelli molto bassi di fiducianelle imprese, con note tra lo zero e il quattro. La sfiducia dei votanti non si limita quindi alle imprese attivenell’estrazione delle materie prime; essa si estende all’intero gruppo delle multinazionali svizzere.
Eppure, c‘è parecchio di buono nella ondata di globalizzazione pacifica del commercio, degli investimenti e dei flussi migratori degli ultimi decenni. Nello spazio di una generazione, più di un miliardo di persone sono uscite da una situazione di povertà estrema. Grazie alla rapida crescita economica in Asia (e più recentemente in molti paesi africani) siamo stati testimoni di una riduzione delle disuguaglianzesenza precedenti in tempo di pace. Questi risultati dovrebbe influenzare il nostro giudizio morale su uno degli attori chiavi della globalizzazione – le multinazionali appunto.
La globalizzazione non è immaginabile senza imprese transfrontaliere. Nei paesi più poveri, esseforniscono spesso l’unico canale affidabile per finanziare investimenti a lungo termine egiocano un ruolo cruciale nella diffusione delle conoscenze e delle buone pratiche di gestione –per citare solo alcuni aspetti evidenziati negli ultimi anni dagli economisti dello sviluppo. Tanto che mi sento di affermare che nel nostro paese,le multinazionali,dal punto di vista morale,sonooramai decisamente sottovalutate.
Questo podcast è stato pubblicato il 25.01.2021 nel programma Plusvalore su RSI Rete Due.
Il vaccino anti-Covid è anche una vittoria dei mercati
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L’impatto positivo della globalizzazione nella lotta contro la pandemia
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Marco Salvi
Il vaccino anti-Covid è anche una vittoria dei mercati
PlusvaloreL’impatto positivo della globalizzazione nella lotta contro la pandemia
Nelle ultime settimane, due società di biotecnologia, la statunitense Moderna e la tedesca BioNtech (quest’ultima in collaborazione con il gigante farmaceutico americano Pfizer)hanno annunciato risultati incoraggianti riguardante l’efficacia dei loro vaccini contro il Covid-19, vaccini attualmente in fase avanzata di sviluppo. Certo, è ancora troppo presto per dichiarare vittorianella lotta contro la pandemia e per celebrare trionfi, proprio mentrein Svizzera e in altri paesi si registra un numero record di decessi da Covid.Eppure, la storia di questi due vaccini illustra in modo positivo alcuni concetti economici che alle nostre latitudini troppo spesso vengono trattati unicamente in chiave critica.
La globalizzazione dapprima. Questo vaccino ne è per molti versi unesempio particolarmente emblematico: ricerca e sviluppo negli Stati Uniti e in Germania, produzione che avverrà in parte in Svizzera, test clinici per misurarne l’efficacia e valutarne i rischi svolti in mezzo mondo. E la globalizzazione va qui di pari passo conl’immigrazione: I fondatori della BioNtech, UğurŞahin e Özlem Türeci, sono una coppia di migranti turchi. Il padre di Şahinera un Gastarbeiter, operaio della Ford. E immigrato lo eragià il fondatore della Pfizer, Karl Pfizer, che – quasi due secoli fa –aveva lasciato il Baden-Württenberg per Brooklyn.
Ilsuccesso del vaccino è però anche quello dei mercati, e più particolarmente del «venture capital», l’apporto di capitale per finanziare l’avvio di attività insettori ad alto potenziale– ma anche ad alto rischio. Sia BioNTech che Modernapuntavano da oramai un decennio su unatecnologia genetica che a lungo ha suscitato speranze enormi, ma che finora si era scontrata con ostacoli biologici insormontabili. Tanto che dallasua fondazione, avvenuta nel 2010, a oggi Moderna non ha commercializzato un solo prodotto, accumulando perdite pari a un miliardo e mezzo di dollari.
Ciononostante,al momento dell’entrata in borsa, avvenuta nel 2018, Modernaera stata valutata a ben 7,5 miliardi di dollari. Ciò aveva portati alcuni critici del «venture capital» – tra i quali troviamo anche l’influente economista Mariana Mazzucato – a farne un ennesimosimbolodegli eccessi del capitalismo. Oggiinvece il lungo fiato degli investitori si rivela lungimirante e la loro pazienza giustamente ripagata.Se davveroil mercato dei capitali fosse orientato verso guadagni a corto termine, il settore delle biotecnologie non esisterebbe nemmeno.
Questo podcast è stato pubblicato il 23.11.2020 nel programma Plusvalore su RSI Rete Due.