Le questioni riguardanti la ridistribuzione hanno suscitato grande interesse ancora prima della pubblicazione del best-seller di Thomas Piketty sul capitalismo. Già negli anni ’50 Simon Kuznets analizzava il rapporto tra il livello di sviluppo di un Paese e la distribuzione del reddito: le disparità crescono con l’aumento del benessere, per poi però ridursi di nuovo.
Buone intuizioni
Tutti i dibattiti sulla distribuzione sono offuscati dal fatto che non ci si riesce ad accordare su cosa davvero misurino le statistiche. Il grafico mostra i coefficienti di Gini del patrimonio netto delle economie domestiche della Svizzera e di alcuni Paesi dell’Unione Europea. Il coefficiente di Gini è la misura comunemente utilizzata per misurare le disparità di una distribuzione: un valore di O significa completa uguaglianza, un valore di 1 completa disuguaglianza. Nel patrimonio netto sono compresi i beni materiali (immobili, oggetti di valore, auto) così come le attività finanziarie (titoli di credito, previdenza facoltativa, ecc.) detratti i debiti. Se ci si affida ai dati della Banca Centrale Europea (BCE) e, per la Svizzera, a quelli dell’amministrazione federale, il livello massimo di disuguaglianza sarebbe raggiunto proprio nel nostro Paese, con un valore pari a 0,85. La Francia (0,68) corrisponderebbe alla media dell’UE-15. Il Sud dell’Europa mostrerebbe tendenzialmente una distribuzione più uniforme, mentre le differenze minori si troverebbero negli Stati dell’ex blocco comunista quali Slovenia e Slovacchia.
La maggior parte di questi risultati è contro-intuitiva – e per una volta l’intuizione è più giusta della statistica. Così i risultati negativi dei tre Paesi germanofoni sono da ricondurre principalmente alla bassa quota dei proprietari immobiliari e al fatto che buona parte del patrimonio dei Paesi più ricchi è «parcheggiata» nelle assicurazioni sociali. Questo patrimonio sociale non appare nelle statistiche sulla fortuna privata. Eppure è ben reale, come lo sono le rendite sempre più sostanziose pagate dai nostri sistemi pensionistici. Nei Paesi del Sud dell’Europa invece, buona parte dei risparmi è investita direttamente nella propria casa, come lo dimostra il tasso elevato di proprietari immobiliari in Spagna (78%), Grecia (76%) o Italia (73%). In questi Paesi il risparmio privato non-immobiliare è riservato ai più abbienti. In Austria (57%), Germania (53%) e Svizzera (44%) le quote dei proprietari immobiliari sono nettamente più basse e il risparmio avviene tramite le assicurazioni sociali. Questo risparmio è in gran parte invisibile alla statistica: ciò spinge i coefficienti di Gini verso l’alto e spiega una parte delle differenze rispetto agli altri Paesi.
Le statistiche svizzere sul patrimonio sono particolarmente fuorvianti. Escludono sia i diritti alla rendita AVS, sia il patrimonio di previdenza del secondo e del terzo pilastro – un’omissione di 940 miliardi di franchi. Da noi il patrimonio sociale delle rendite di vecchiaia è ripartito in modo molto uniforme. Il loro coefficiente di Gini in Svizzera ammonta a 0,07 contro 0,23 in Italia, 0,20 in Spagna e 0,16 in Grecia.
I Greci più ricchi dei Tedeschi
Tali sfumature nelle definizioni possono facilmente portare a titoli assurdi. Così le stesse fonti statistiche della BCE mostrano un patrimonio mediano pro capite di 107’309 per la Grecia, mentre solo di 48’055 per la Germania. Ancora più grottesco è quando i media propongono titoli secondo cui solo lo Zimbabwe e la Namibia avrebbero una distribuzione del patrimonio più disuguale della Svizzera. Questo è vero solo se non si considerano le differenze inerenti alla quota dei proprietari immobiliari, dei sistemi delle assicurazioni sociali e di molti altri fattori – insomma, di una parte essenziale della realtà.
Questo articolo è stato pubblicato nel numero di giugno 2015 della rivista «Ticino Business».