La domanda è legittima. Infatti, i primi accordi commerciali regionali erano stati conclusi fra stati simili, per esempio il trattato sulla Comunità Economica Europea (CEE) del 1957 o l’Associazione europea di libero scambio (EFTA) del 1960. Fatta eccezione per le materie prime, per lungo tempo il commercio mondiale è stato dominato dai paesi industriali, che avevano strutture di produzione e costi comparabili, con però specializzazioni diverse.
Risultati misti per gli USA
L’esempio USA potrebbe farci temere il peggio. Studi recenti stimano infatti che dalla fine degli anni ’90 negli Stati Uniti a causa delle importazioni cinesi sono stati soppressi dai 2 ai 2,4 milioni di posti di lavoro, ad esempio in settori come l’industria dell’abbigliamento, o la produzione di mobili e giocattoli – settori sottoposti a una forte concorrenza dei prezzi e con una produzione basata su un numero importante di lavoratori poco qualificati. Anche se i consumatori americani sono senza dubbio tra i vincitori delle importazioni dalla Cina, rimane notevole perplessità nei confronti di un’ulteriore apertura. Ciò è dovuto in primo luogo alla rapida sostituzione dei prodotti americani da parte di quelli cinesi e in secondo luogo all’equilibrio precario tra beneficiari e perdenti dell’apertura degli scambi. Nonostante l’elevata flessibilità del mercato del lavoro, gli impieghi persi non hanno potuto essere compensati abbastanza rapidamente.
Effetti positivi per la Svizzera
Sarebbe però sbagliato riportare alla Svizzera i risultati di questi studi: l’importanza dei settori menzionati in Svizzera è ridotta, e la concorrenza con i prodotti di massa provenienti dall’estero ha già da tempo portato ad adeguamenti strutturali. I fornitori svizzeri perseguono spesso una strategia di nicchia con prodotti a prezzi elevati e di prima qualità. La concorrenza con i produttori di articoli di massa pertanto è quasi inesistente. L’accordo di libero scambio tra la Svizzera e la Cina non ha quindi dato luogo a distorsioni strutturali negative su larga sala. Al contrario, settori altamente specializzati come l’industria farmaceutica o quella orologiera hanno approfittato dell’apertura e della Cina quale mercato di sbocco. La Svizzera beneficia quindi in modo considerevole di scambi più liberi con la Cina: per le imprese elvetiche essa rappresenta un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti europei e americani, garantisce posti di lavoro nel Paese e offre ai consumatori una scelta più ampia e prezzi più bassi. Anzi, l’integrazione nelle catene internazionali di creazione di valore, favorita dagli accordi di libero scambio, è una delle cause principali della prosperità della Svizzera. Attacchi politici contro gli accordi economici di commercio estero minano quindi la base della prosperità del nostro Paese.
Questo articolo è apparso nel numero di Aprile 2017 della rivista «Ticino Business». Per gentile concessione di «Ticino Business».