II fisco svizzero è troppo clemente con i ricchi? Ne sono convinti gli autori di Svolta fiscale, un manifesto politico lanciato nel 2009 tra i cui primi firmatari si trova anche l’ex aspirante candidata socialista al Consiglio federale Marina Carobbio. Una pubblicazione appena uscita (in tedesco: B. Ringger, H. Baumann, Richtig Steuern, Edition 8, Zurigo) ne ripresenta gli obiettivi: aumentare di 25 miliardi di franchi le entrate dello Stato tramite una maggiore imposizione dei redditi più elevati e l’introduzione di nuove tasse.
Per i sostenitori della svolta il nostro sistema tributario non è abbastanza progressivo, cioè l’onere fiscale non cresce abbastanza con il reddito. A riprova citano una statistica dell’OCSE secondo la quale nel nostro Paese il 10% più ricco della popolazione produce il 23% dei redditi ma contribuisce soltanto al 21% del gettito delle imposte dirette. Questi dati però dicono ben poco sull’entità della redistribuzione della ricchezza in Svizzera. Il calcolo dell’OCSE tiene conto solo delle tasse pagate direttamente dalle persone, quali l’imposta sul reddito e i contributi AVS. In realtà tutte le tasse – anche quelle delle cosiddette persone giuridiche – in fin dei conti sono versate da contribuenti in carne e ossa. Sono dunque gli azionisti e gli imprenditori a pagare in gran parte l’imposta sul reddito delle società. Quest’importo va ad aggiungersi a quelli versati direttamente e quindi ad aumentare la progressività delle imposte.
Per giudicare lo sforzo redistributivo pubblico non basta guardare solo alle tasse; bisogna tenere conto anche dei servizi forniti dallo Stato ai cittadini – pensioni AVS e rendite AI, indennità disoccupazione, aiuto sociale, spese pubbliche per la sanità e altro. Di queste prestazioni usufruisce in maggior misura chi guadagna meno. A conti fatti, chi dà e chi riceve?
La contabilità più recente delle imposte versate e dei servizi ricevuti dai cittadini l’ha calcolata Monika Engler dell’Università di San Gallo. Un risultato sorprendente del suo studio è il seguente. Per ogni decile (classe di reddito che comprende un decimo della popolazione) è stato calcolato il reddito disponibile prima e dopo l’intervento redistributivo dello Stato. Nel 2005, anno dell’inchiesta, il reddito medio pre-redistribuzione della classe più abbiente era di 182.000 franchi annui. Dopo il prelievo delle imposte e il versamento di tutte le prestazioni rimanevano 101.800 franchi. Le persone a basso reddito (o senza reddito diretto, come i pensionati) potevano invece contare sulle prestazioni e i servizi dello Stato e delle assicurazioni sociali (arrivando ad un reddito post-redistribuzione sui 70.000 franchi).Tra i due estremi troviamo il ceto medio, il cui reddito disponibile cresce con l’aumento delle entrate, ma solo di poco.
Il sistema fiscale svizzero, se osservato nel suo insieme, non è quindi particolarmente favorevole ai benestanti. Ben due terzi delle differenze di reddito lordo esistenti tra le persone vengono eliminate dalla redistribuzione. Da questo punto di vista la Svizzera non si distingue granché dai Paesi scandinavi. La svolta fiscale è già stata realizzata, eccome.
Articolo tratto dal Corriere del Ticino del 14 dicembre 2011